Gli italiani non parlano di denaro. Da un lato viene considerato un argomento sconveniente e poco elegante, dall’altro si considera il denaro una questione molto, troppo privata. Tale atteggiamento diviene una questione di interesse pubblico se la ritrosia a discutere di denaro, e dunque di investimenti, si traduce in una scarsa alfabetizzazione finanziaria.
Il paper “Il tabù del denaro: perché è difficile parlare di soldi”, realizzato da Start Magazine, in collaborazione con Icinn, Istituto per la cultura dell’innovazione, affronta proprio questo tema dedicando un ampio approfondimento alle azioni positive grazie alle quali è possibile invertire la rotta.
Dal 2017, con cadenza triennale, la Banca d’Italia realizza un’indagine campionaria sull’alfabetizzazione finanziaria e le competenze finanziarie in Italia. Nel 2023 l’indicatore complessivo di alfabetizzazione finanziaria è risultato pari a 10,7 su una scala da 0 a 20. Com’è prevedibile tale dato varia al mutare di alcune variabili come il titolo di studio (le persone con licenza media o inferiore hanno in media 9,6 punti mentre i diplomati e i laureati ottengono rispettivamente 11,1 e 12,0 punti), l’età anagrafica (il punteggio è minore tra i giovani tra 18 e 34 anni e tra la popolazione con oltre 64 anni) e il genere.
Le donne, infatti, risultano ancor meno alfabetizzate degli uomini. Il cattivo rapporto delle donne con il denaro parte dall’età prescolare, dalla paghetta. Alle bambine, infatti, non viene corrisposta una paghetta bastevole per le loro piccole esigenze e, dunque, non imparano a gestire il denaro. Un deficit che le accompagna anche da adulte.
Dalla una scarsa alfabetizzazione finanziaria deriva anche la sfiducia nei confronti dei pagamenti elettronici. Infatti, Come si legge nel “Rapporto annuale 2024 della Banca centrale europea” (Bce), alla fine del 2024 la circolazione delle banconote in euro ha raggiunto i 30,5 miliardi di pezzi, per un valore complessivo di 1.600 miliardi di euro, in aumento del 2,4% in numero e dell’1,3% in valore rispetto all’anno precedente.
Qualcosa, però, sta cambiando. Istituzioni, istituti bancari, formatori, sono tanti i soggetti che negli ultimi anni si stanno occupando di fare divulgazione in materia di alfabetizzazione finanziaria. I mezzi privilegiati sono i social network ma anche podcast, video podcast, newsletter e veri e propri corsi di formazione. Il MEF nel 2017 ha istituito il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria “con il compito di promuovere, programmare e coordinare iniziative di sensibilizzazione utili a diffondere tra la popolazione conoscenza e competenze finanziarie, assicurative e previdenziali e migliorare la capacità di fare scelte coerenti con i propri obiettivi e le proprie condizioni”. Tra le iniziative delle banche possiamo ricordare quella del Museo del Risparmio di Intesa Sanpaolo che su Youtube ha dedicato numerosi video al tema dell’educazione finanziaria dei più giovani. Inoltre, sulle principali piattaforme che diffondono contenuti audio si possono trovare podcast sponsorizzati da fondazioni, istituzioni e banche come “Se potessi avere”, il podcast di educazione finanziaria di Fineco Bank e di “L’Educazione Finanziaria che parla ai giovani”, il podcast che Poste italiane ha dedicato al tema del risparmio e degli investimenti.
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